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Crediti d’imposta e compensazione IVA: limitato il termine di accertamentonota all’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 26273 del 27 settembre 2025

Premessa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 27 settembre 2025 n. 26273, ha affrontato il tema della compensazione di crediti d’imposta con debiti IVA, distinguendo tra “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti” e chiarendo le conseguenze in termini di termini di accertamento e sanzioni.
La Corte di Cassazione, infatti, con la prefata Ordinanza, ha statuito che il termine lungo di otto anni per l’accertamento fiscale si applica solo ai crediti d’imposta inesistenti, non a quelli semplicemente utilizzati in modo improprio.

2 La specie in esame

Il caso in rassegna riguarda l’utilizzo di un credito d’imposta maturato ai sensi dell’art. 8 L. 388/2000, riconosciuto a seguito di investimenti in aree svantaggiate, compensato dalla società contribuente con un presunto debito IVA in acconto.
Pur tuttavia, la situazione di fatto era peculiare: la contribuente, al momento dell’operazione, vantava già un credito IVA di oltre 149.000 euro.

3 La posizione dell’Agenzia delle Entrate e la reazione della contribuente

L’Agenzia delle Entrate, con proprio atto di recupero, contestava l’operazione, giustificando il recupero fiscale sul presupposto che la compensazione fosse avvenuta in assenza di un effettivo debito IVA.
Infatti, l’Amministrazione finanziaria argomentava che il credito d’imposta sarebbe stato utilizzato in modo indebito, integrando così la fattispecie del credito inesistente e consentendo l’applicazione del termine “lungo” di otto anni per l’accertamento, previsto dall’art. 27 c. 16 DL 185/2008.

4 La reazione della societa’ contribuente

La società, di contro, ha difeso la propria posizione sostenendo l’esistenza del credito, il quale sarebbe stato semplicemente utilizzato in modo non conforme, con conseguente doverosa applicazione del termine ordinario di accertamento.

5 Il punto: credito inesistente o non spettante?

Il nocciolo della questione ruota attorno alla distinzione tra credito d’imposta inesistente e credito d’imposta non spettante: una differenza apparentemente sottile, ma che comporta rilevantissime conseguenze pratiche ed operative, in particolar modo per i termini di decadenza dell’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria e per il regime sanzionatorio delle relative violazioni.
La Suprema Corte, facendo propri i principi delle Sezioni Unite (cfr. Cass. SU 11 dicembre 2023 n. 34419), ha chiarito che il credito d’imposta è inesistente quando è frutto di una artificiosa rappresentazione, è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge o, pur essendo sorto, è già estinto al momento dell’utilizzo.
E’ appena il caso di rammentare che, in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, all’azione di accertamento dell’Erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all’art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza, alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, Decreto legislativo n. 471 del 1997, allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti:

  1. il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo.
  2. l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis DPR n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento.
    L’inesistenza deve essere tale da non poter essere riscontrata tramite i controlli automatizzati (cfr. artt. 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/73 e art. 54-bis D.P.R. 633/72).
    Se invece la mancanza è rilevabile in sede di controllo formale, trattasi di credito non spettante e si applicano i termini ordinari per l’accertamento.
    La Cassazione, pertanto, ha superato il precedente orientamento che non distingueva tra le due categorie, statuendo come il termine di otto anni si applichi solo ai crediti inesistenti non rilevabili dai controlli formali.

6 Il caso concreto: la sentenza della Cassazione

Nella specie in esame, la Suprema Corte ha cosi’ statuito:

  1. che il credito d’imposta esisteva nei suoi presupposti costitutivi.
  2. che il suo utilizzo per compensare un acconto IVA in presenza di un credito IVA preesistente integrava una “indebita utilizzazione”, non incidente però sull’esistenza del credito;
  3. che l’errore risiedeva quindi nella spettanza della compensazione, non nell’esistenza stessa del credito.
    Pertanto, la Corte ha conseguentemente ritenuto non applicabile il termine lungo di otto anni, ma quello ordinario, accogliendo il ricorso della società, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e annullando l’atto impositivo.
    Le imprese devono prestare la massima attenzione nell’utilizzo dei crediti d’imposta: l’utilizzo in compensazione è ammesso solo in caso di effettiva esistenza di un debito fiscale, e non per acconti o anticipazioni non corrispondenti a reali debiti tributari. Tuttavia, se il credito esiste, ma è solo mal utilizzato, non si applica il termine lungo per l’accertamento, ma quello ordinario.
    La distinzione tra credito inesistente e non spettante è insomma chiara e operativa: solo il primo caso consente all’Amministrazione finanziaria di agire entro otto anni.
    Le motivazioni della Corte: valorizzazione della certezza del diritto
    La Corte di cassazione ha puntualmente valorizzato la necessità di certezza del diritto e tutela dell’affidamento del contribuente. L’applicazione del termine di otto anni, con la conseguente estensione dei poteri accertativi dell’Amministrazione, è riservata esclusivamente ai soli casi in cui il credito è del tutto inesistente e non rilevabile con i controlli ordinari, cioè frutto di condotte fraudolente o di totale carenza dei presupposti.
    Invece, nei casi, in cui il credito e’ effettivamente esistente, ma viene utilizzato in modo non corretto, il contribuente è, in ogni caso ed ipotesi, comunque soggetto alle sanzioni ordinarie, pur beneficiando di termini di accertamento più favorevoli.
  4. di Dott. Prof. Giuseppe Maruccio
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