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CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA ILLEGITTIMA SE LA BANCA NON PROVA DI ESSERE RIMASTA NEI LIMITI DEL TASSO SOGLIA.

Con la sentenza 17 ottobre 2019, n. 26286, la Suprema Corte di Cassazione statuisce importanti principi di diritto in materia di rapporti bancari, affrontando sia la questione relativa al possibile cumulo tra interessi corrispettivi e moratori, ai fini del raggiungimento del tasso anti-usura, sia quella inerente la valenza e gli effetti della c.d. “clausola di salvaguardia”, spesso inserita nei contratti stipulati con gli istituti di credito.

La Suprema Corte si è espressa sulla validità della c.d. “clausola di salvaguardia”, di solito sostanziata nell’inserimento in contratto della formula verbale “detto tasso non potrà essere, in ogni caso, superiore ai limiti fissati dalla l.108/96”, statuendo che essa risulta si legittima ma, in caso di contestazione, spetta alla Banca l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto.

La questione assume grande importanza soprattutto per quelli che potrebbero essere i potenziali effetti a vantaggio dei mutuatari, atteso che l’art.1815 c.c., secondo comma, prevede che “se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

La funzione della clausola è, quindi, quella di garantire che, pur in presenza di un saggio di interesse variabile o modificabile unilateralmente dalla banca, la sua fluttuazione non oltrepassi mai il limite stabilito dalla legge in materia di usura.

In tema di rapporti bancari, l’inserimento di una clausola “di salvaguardia”, in forza della quale l’eventuale fluttuazione del saggio di interessi convenzionale dovrà essere comunque mantenuta entro i limiti del c.d. “tasso soglia” anti-usura previsto dalla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4, trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari nell’oggetto di una specifica obbligazione contrattuale a carico della banca, consistente nell’impegno di non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge.

Conseguentemente, in caso di contestazione, spetterà alla banca, secondo le regole della responsabilità ex contractu, l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto.

Valentina Augello, avvocato, responsabile delle Relazioni Istituzionali di AS Finanza & Consumo

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